Sabato Santo

Tutto è finito. Andato. la folla che ci attendeva festante, la cena insieme, il piacere di ascoltarlo, di stargli vicino: niente sarà più come prima. Sembra sia passata una vita da quel giorno: dall’orto degli olivi gli avvenimenti si sono susseguiti come in una centrifuga ed io non sono riuscito a star loro dietro. Non c’ero mai quando avrei dovuto esserci e quando c’ero la mia testa non funzionava: ero tutto preso dai mille sentimenti che affollavano il mio cuore, dall’ansia di capire cosa avrei potuto o dovuto fare per cambiare la situazione, dalla preoccupazione per  quelli che erano intorno a me, perché capissero, perché non fossero scandalizzati. Io non  c’ero sotto la croce. Solo questo resta. Ero troppo preso da me stesso per non stare con te. E adesso in questo silenzio vuoto ed assordante non so nemmeno a chi chiedere perdono.

Alla fine si è sempre soli

Anche se si partorisce un figlio

se si promette amore nella buona e nella cattiva sorte

se si va al cinema con un amico

se si costruisce un ponte sul fiume Kwai

se ricevi 200 mail al giorno e mille commenti

se qualcuno fa mille chilometri per incontrarti

se si paga qualcuno perché ci ascolti

se ci si ubriaca in compagnia

se si progetta le vacanze insieme

se si da la vita per gli altri

se ci si tiene la vita per noi.

Alla fine si è sempre soli

perché ci sarà sempre qualcuno

che non vorrà ascoltarti

che traviserà le tue intenzioni

che ti farà sentire abbandonata anche da Dio.

Per fare un uomo…

Cosa serve per fare un uomo? Oltre al seme di suo padre e sua madre. Forse è tutto lì dentro? Forse quel piccolo seme contiene non solo come sarà fisicamente ma anche come sarà il suo modo di amare, di pensare, di guardare gli altri uomini e la realtà. Forse lì dentro oltre al colore degli occhi c’è scritto anche il suo modo di reagire di fronte alle difficoltà.

Ma forse un uomo è fatto da ciò che mangia sua madre in gravidanza, dal sole che prende nel primo anno di vita, dai vaccini che fa o non fa, dallo sguardo d’amore che sua madre ha per lui. O dal non avere su di sé quello sguardo. Forse un uomo è fatto dagli errori di sua madre, dalle assenza di suo padre, dalla limitatezza dei suoi insegnanti, dall’incapacità d’amare di sua moglie. Forse un uomo è com’è per quello che gli hanno insegnato i genitori, per quello che ha imparato nella strada, per quello che ha letto sui libri, per quello che ha incontrato nel cammino.

O forse un uomo è fatto da se stesso, dalla sua volontà, dalla sua capacità di prendersi e portarsi in alto, contro ogni legge della fisica. Forse è fatto dalla sua libertà smisurata che tutto può e niente chiede.

Ma forse un uomo ha dentro di sé qualcosa che non è dato dalla rielaborazione di tutte queste cose, forse ha qualcosa dentro di sé che lo ‘fa’ più di tutte queste cose. Forse ha uno spiraglio aperto su un’orizzonte imprevisto, una crepa da cui entra una luce inimmaginabile, un cordone ombelicale che lo fa essere più di quello che mangia, più dell’aria che respira.

“In ciascuno di noi ci sono tre persone:

quella che vedono gli altri;

quella che vediamo noi;

quella che vede Dio.”

Miguel de Unamuno (1864-1936)

Fuori stagione

A volte uno si sente solo. A volte uno pensa di non riuscire ad affrontare quello che la vita gli ha riservato. E si sente infinitamente triste. A volte uno chiede aiuto agli amici. E magari non pretende che gli amici siano capaci di risolvere i suoi problemi, di togliere il dolore e la tristezza, ma chiede semplicemente di stare con lui, di pregare, magari, con lui. E capita a volte che quegli amici che gli avevano promesso di restare sempre con lui e di aiutarlo lo abbandonino proprio quando è più triste e lo lascino solo con il suo dolore. Capita agli uomini.

images                                                                                                                             immagine da web

Se non fossi Tuo…

«La nostra vita appartiene a qualcosa d’Altro. L’inevitabilità [di ciò che accade] è come il sinonimo più chiarificatore di questa non appartenenza a noi della cosa, e soprattutto non appartiene a noi ciò da cui tutto deriva: la nostra vita appartiene a un Altro.
In questo senso si capisce perché la vita dell’uomo è drammatica: se non appartenesse a un Altro sarebbe tragica. La tragedia è quando una costruzione frana e tutti i sassi e i pezzi di marmo e i pezzi dimuro, crollano. E tutto nella vita diventa niente, è destinato a diventar niente, perché di ciò che abbiamo vissuto nel passato, di ciò che abbiamo vissuto fino a un’ora fa, fino a cinque minuti fa, non esiste più niente di formato, di costruito non esiste più niente. E questo è tragico. La tragedia è il nulla come traguardo, il niente, il niente di ciò che c’è.
Mentre se tutto appartiene a un Altro, a qualcosa d’Altro, allora la vita dell’uomo è drammatica, non tragica. Riconosco che ti appartengo, riconosco che il tempo non è stato mio, non mi apparteneva, come il tempo fino ad oggi non mi appartiene, non mi appartiene. Prendi pure la mia vita, accetto che non mi appartenga, riconosco che non mi appartiene, accetto che non miappartenga.
Ciò che possiede il nostro tempo è morto per noi, si presenta ai nostri occhi e al nostro cuore come il luogo dove è amato il nostro destino, dove è amata la nostra felicità, tanto che Colui che possiede il tempo muore per il nostro tempo. Il Signore, Colui a cui appartiene il tempo, è buono».
(L.Giussani, Si può vivere così?)

A volte mi sembra che un certo modo di pregare sia mancare di rispetto a Dio. Insomma Lui saprà bene cosa  sia  meglio fare, devo andare a ricordaglielo io che non sono nessuno?

Forse l’uomo è anche indegno di sperare.

Anche la fonte del rimorso è secca?

Il peccato che importa,
Se alla purezza non conduce più.

La carne si ricorda appena
che una volta fu forte.

E’ folle e usata, l’anima.

Dio, guarda la nostra debolezza.

Vorremmo una certezza.

Di noi nemmeno più ridi?

E compiangici dunque, crudeltà.

Non ne posso più di stare murato
Nel desiderio senza amore.

Una traccia mostraci di giustizia.

La tua legge qual è?

Fulmina le mie povere emozioni,
Liberami dall’inquietudine.

Sono stanco di urlare senza voce.

da La Pietà di Giuseppe Ungaretti

La tentazione più grande, quella che ci accerchia, ci lambisce, si traveste da umiltà, è di considerare la propria vita, ultimamente, un fallimento.

A volte ci sembra di averla vinta. Ma è solo il diavolo che ci da corda per prenderci meglio.