Sabato Santo

Tutto è finito. Andato. la folla che ci attendeva festante, la cena insieme, il piacere di ascoltarlo, di stargli vicino: niente sarà più come prima. Sembra sia passata una vita da quel giorno: dall’orto degli olivi gli avvenimenti si sono susseguiti come in una centrifuga ed io non sono riuscito a star loro dietro. Non c’ero mai quando avrei dovuto esserci e quando c’ero la mia testa non funzionava: ero tutto preso dai mille sentimenti che affollavano il mio cuore, dall’ansia di capire cosa avrei potuto o dovuto fare per cambiare la situazione, dalla preoccupazione per  quelli che erano intorno a me, perché capissero, perché non fossero scandalizzati. Io non  c’ero sotto la croce. Solo questo resta. Ero troppo preso da me stesso per non stare con te. E adesso in questo silenzio vuoto ed assordante non so nemmeno a chi chiedere perdono.

La passione delle pazienze

Lettura di testi di Madeleine Delbrêl | S. Teresa Verona

 

La passione, la nostra passione, sì, noi l’attendiamo.
Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo
viverla con una certa grandezza.
Il sacrificio di noi stessi:
noi non aspettiamo altro che ne scocchi l’ora.
Come un ceppo nel fuoco,
così noi sappiamo di dover essere consumati.
Come un filo di lana tagliato dalle forbici,
così dobbiamo essere separati.
Come un giovane animale che viene sgozzato,
così dobbiamo essere uccisi.
La passione, noi l’attendiamo.
Noi l’attendiamo, ed essa non viene.

Vengono, invece, le pazienze.
Le pazienze, queste briciole di passione,
che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria,
di ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:
sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,
è l’autobus che passa affollato,
il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono,
i bambini che imbrogliano tutto.
Sono gl’invitati che nostro marito porta in casa
e quell’amico che, proprio lui, non viene;
è il telefono che si scatena;
quelli che noi amiamo e non ci amano più;
è la voglia di tacere e il dover parlare,
è la voglia di parlare e la necessità di tacere;
è voler uscire quando si è chiusi
è rimanere in casa quando bisogna uscire;
è il marito al quale vorremmo appoggiarci
e che diventa il più fragile dei bambini;
è il disgusto della nostra parte quotidiana,
è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.

Così vengono le nostro pazienze,
in ranghi serrati o in fila indiana,
e dimenticano sempre di dirci
che sono il martirio preparato per noi.

E noi le lasciamo passare con disprezzo,
aspettando – per dare la nostra vita –
un’occasione che ne valga la pena.
Perché abbiamo dimenticato che
come ci sono rami che si distruggono col fuoco,
così ci son tavole che i passi lentamente logorano
e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che
se ci son fili di lana tagliati netti dalle forbici,
ci son fili di maglia che giorno per giorno
si consumano sul dorso di quelli che l’indossano.
Ogni riscatto è un martirio,
ma non ogni martirio è sanguinoso:
ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita.

E’ la passione delle pazienze.

(Madeleine Delbrel)

(da Il piccolo monaco, Gribaudi editore, Torino, 1990)

La paura e il vento

Mi vengono in mente i racconti della nonna: la paura di andare a letto perché potevano arrivare le bombe, la spagnola che portò via i quattro figli di suo fratello, la paura di andare per strada perché si potevano incontrare i soldati, i viveri razionati, le code per prendere il mangiare con la tessera. Ed io bambina sentivo una cosa che non conoscevo : la paura. E le chiedevo: Nonna, ma tu come facevi?  Ed intendevo: come facevi a vivere, alzarti, fare colazione, magari ridere con un’amica…. come potevi pensare ad altro che non fosse la paura? Appena più grande stentavo a credere che ci fosse gente  che si sposava e faceva figli in tempo di guerra, in mezzo alla paura per la propria vita.

Adesso sono cresciuta ed ho capito che ci si abitua alla paura. Anche perché mentre ci sei dentro chissà se lo vedi tutto per intero il mostro. Vedi solo un pezzettino, magari non pensi che sia un mostro, non sai cosa c’è dietro o sopra o sotto.  O magari pensi che sotto ci sia un mostro ed invece non c’è niente, solo aria, terra, cose buone insomma.

Non ci resta che vivere il pezzettino che vediamo.  Senza paura perché la paura non serve. Avranno paura i nostri pronipoti quando qualcuno glielo racconterà e si chiederanno: ma come facevano a continuare a vivere normalmente, facendosi videochiamate, scherzando, mangiando gustosi manicaretti, parlando con i vicini dalla finestra… così come se niente fosse ed il mostro invece era proprio lì. O magari no.

Ma non ditemi : “tutto andrà bene”. Vi prego, ho visto troppi film americani e troppe serie tv e mi sono sempre chiesta: ma che si credono questi americani? sono in mezzo ad una tempesta su un guscio di noce o gli unici tre esseri viventi in una terra sovrappopolata di zombi affamati, o magari su un aereo che sta sfracellandosi al suolo e si dicono guardandosi negli occhi, con una mano sulla spalla: tutto andrà bene?!! Io ho sempre pensato che uno così l’avrei mandato a quel paese: guarda bellino vai a prendere per il… qualcun altro! Io sto dalla parte del  mio babbo: che Dio ce la mandi buona e senza vento!

Stanca ma viva

Caro quadernino nelle nuvole,

sono stanca stamattina e voglio dirlo qui perché siamo sulle nuvole e nessuno mi sente.

Non si può essere stanchi sulla terra: ci sono le cose da fare, la pizza da mettere in forno, le pareti da imbiancare, i compiti da correggere,
Non si può essere stanchi sulla terra perché si da una brutta impressione, perché non sta bene perdere tempo a scrivere sul blog, a guardare le serie TV, a leggere un libro, a giocare, a pregare. Ma cos’è dunque che non è perdita di tempo? Insegnare a chi non imparerà mai? Preparare programmazioni, piani didattici, relazioni con parole predisposte? Ah, no, forse ho capito: aver cura di sé e della propria casa. Allora quelle truci donne rifatte possono dire di aver speso bene il loro tempo. E forse se si muore con i capelli ed il trucco a posto saremo accolti meglio in paradiso?

Sono stanca stamattina e voglio dirlo qui perché ho perso un sacco di tempo per cercare di rientrare in questo stupido blog perditempo.

Ma lo sapete che adesso sono meno stanca?

lost

Ho perso tutti i compiti di matematica che ho preparato nella mia vita da quando ho un pc.  E sono tanti e tanti anni.

Praticamente non mi servivano a niente ma mi sento molto depressa. Senza radici.

Però… se cerco bene, nell’armadio devo avere le copie di quando preparavo i compiti scritti a mano.

Radici giurassiche.

Anzi, no, ho buttato anche quelli.

Meglio. Si vede che si deve ripartire come se si fosse nuovi. Io e gli studenti.

Ma dov’è Saturno?

Perché se qualcuno lo cerca probabilmente è qui, contro di me. E magari anche Marte.

Se interrogo, sono impreparati, se spiego, i miei studenti fanno amorevolmente i fatti loro, se cerco di utilizzare la rete per collegarmi con i tablet dei miei alunni, la rete non funziona, se compro qualcosa su internet mi arriva rotto, se insisto con un’altra occasione scopro che ho la carta ricaricabile vuota, se accendo il pc per preparare il compito per domani mi accorgo di un rumore strano e vedo il video innegabilmento NERO, se cerco di stampare qualcosa dal tablet, mi accorgo che manca il toner, se cerco la pennina in borsa per finire finalmente dei documenti per scuola mi accorgo che l’ho lasciata nel pc di scuola  e immediatamente penso che non la rivedrò più visto che mi hanno rubato dalla sala insegnanti un tappetino yoga (che ci facesse il mio tappetino yoga in sala insegnanti non ve lo posso proprio dire…)

E, badate bene, tutto questo (e molto altro) in due giorni.

Domani mi si romperà la lavatrice. E la lavastoviglie. In genere mi si ribella tutto contro per qualche giorno e poi  la bufera passa.

Ma mentre sono nella bufera mi sembra che non riuscirò mai più a riprendere i fili nelle mani, spiegare ed interrogare come sempre, preparare e riportare i compiti corretti come sempre, presentare le programmazioni come faccio ogni anno.

E più che mi arrabatto e più che va tutto a gambe all’aria e non mi ricordo di una riunione a scuola, e non metto i voti delle interrogazioni e riprendo a lavorare a maglia e mi ritorna la tendinite al polso.

Basta.

Vado a fare un bagno nella propoli.

O uno scrub all’aglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sono quasi emozionata…

Eccomi qui a scrivere su questo quadernetto abbandonato. Il pc è diverso, diversa la stanza intorno a me. Io sono diversa. Mi dispiace per quei due o tre che passeranno di qui ma non ho niente di importante da dire, niente di epocale, nessuna battutona sofisticata, neanche una osservazione intelligente. Solo una smania dentro che non capisco fino in fondo e che, ancora una volta, spero di capire qui. Fine del primo post.